L'estate è spesso un momento favorevole per il panico sui mercati finanziari, e quest’anno non è un’eccezione. Lo slancio economico sta rallentando e alcuni temono in una recessione degli Stati Uniti. I risultati riportati dalle principali società quotate sono stati deludenti, riflettendo un calo dei consumi globali. Le Banche Centrali stanno creando nervosismo tra gli investitori, il che spiega in parte il panico dei listini azionari. Fortunatamente, il mercato valutario è relativamente più calmo, a parte per le valute contro JPY.
Sembrerebbe ormai ampiamente accettato che la Federal Reserve (FED) americana taglierà i tassi di interesse di riferimento a settembre. L’unico problema è che ogni statistica deludente pubblicato prima di allora potrebbe innescare una reazione negativa da parte del mercato. Gli investitori non mancheranno sicuramente di ripetere inevitabilmente l’eterno mantra, secondo cui la FED abbia impiegato troppo tempo per allentare la sua politica monetaria. Abbiamo già assistito ad una reazione di questo tipo, sulla scia dei dati occupazionali statunitensi. Per quanto a luglio il tasso di disoccupazione sia aumentato notevolmente, osservando più da vicino le cause si può notare come questo valore sia stato distorto dall’impatto dell’uragano Beryl che ha colpito il Texas all’inizio dello scorso mese, che ha incrementato il numero di licenziamenti temporanei legati all’evento climatico. In un mercato altamente influenzabile, è quindi necessario esercitare maggior cautela e analizzare le statistiche con un po’ più di prospettiva.
Secondo il rapporto della CFTC (l'equivalente dell'autorità di regolamentazione del mercato azionario statunitense), all'inizio di luglio un numero crescente di operatori del mercato ha assunto posizioni lunghe sulla sterlina. Per quanto sia quasi sembrato uno scambio di tendenza concordato, la sua durata è stata relativamente modesta, con gli investitori che si sono rapidamente riposizionati rialzisti sull’euro. Nonostante la breve inversione, la coppia rimane comunque all’interno dell’ampio range intorno a zona 0.8500.
Nel Regno Unito, la Banca d’Inghilterra (BOE) ha dato il via al ciclo di tagli dei tassi come previsto. È improbabile che decida di abbassare il costo del denaro ad ogni riunione di politica monetaria, poiché esiste il rischio considerevole che le pressioni sui prezzi si rafforzino entro la fine dell'anno e riportino l'inflazione poco al di sopra del 2%. Anche l’aumento dei prezzi nel settore dei servizi, attualmente attestato ad oltre il 5% su base annua, resta un problema, così come in molti Paesi sviluppati.
A luglio la Cina ha tagliato il tasso di riferimento di 10 punti base, per quanto ciò potrebbe avere solamente un effetto marginale sull’attività economica. Finché persisterà il problema immobiliare, con le sue conseguenze sul settore bancario, la crescita è destinata a rimanere debole. Nutriamo inoltre crescenti dubbi sul fatto che le autorità cinesi vogliano utilizzare il tasso di cambio come strumento per rilanciare la crescita. Per ora, la loro priorità sarebbe stabilizzare lo yuan.
Indovinello. I mercati azionari sono in caduta libera, l’economia vacilla e si parla nuovamente di rischio di recessione. Secondo voi, quale valuta sta beneficiando maggiormente di un simile contesto di mercato? Nessuna sorpresa se vi confermiamo che è il franco svizzero. Nell’ultimo mese, questa valuta è in rialzo di quasi il 4,6% contro l’euro e non è da escludere che questa tendenza possa proseguire nel breve termine. Ci aspettiamo che l’avversione al rischio nei confronti delle azioni (che ha ripercussioni su tutti i mercati, compreso quello valutario) continui per gran parte di agosto, se non oltre.
Il mercato si aspetta che la Banca del Canada (BoC) taglierà i tassi di interesse di riferimento ad ogni riunione, da qui alla fine dell’anno. Ciò significa che il costo del denaro potrebbe raggiungere il 3,5% nel gennaio 2025 e addirittura il 3% a metà del 2025, sulla base delle aspettative attuali (che probabilmente subiranno alcune modifiche man mano che verranno pubblicati nuovi dati). Questo scenario è già in parte scontato dai prezzi di mercato: è improbabile che la riunione di settembre della BoC possa riservare molte sorprese.
Per il momento, la Reserve Bank of Australia (RBA) non ha modificato la sua politica monetaria, mantenendo un tasso ufficiale del 4,35% - il livello più alto in 12 anni. L’inflazione sta calando, ma troppo lentamente. L'indice dei prezzi al consumo è sceso sotto la soglia simbolica del 4% a giugno (3,9%), ma le pressioni inflazionistiche non si sono attenuate, soprattutto nei servizi. In aggiunta, la crisi del mercato immobiliare non aiuta la situazione. Alcuni economisti – in minoranza – prevedono addirittura un aumento dei tassi prima della fine dell’anno.
La performance dello yen dall’inizio dell’anno è tornata in territorio positivo contro l’euro. Ciò è dovuto agli interventi delle autorità giapponesi per un ammontare di 5.500 miliardi di yen (circa 35 miliardi di euro) nel solo mese di luglio e al rialzo del tasso di interesse di riferimento deciso dalla Banca del Giappone (BOJ). Ma non è tempo per i festeggiamenti. Così facendo, la BOJ ha scaricato una boma sui mercati: per decenni, gli investitori hanno potuto prendere in prestito a tassi nulli o negativi dal Giappone e impiegare il capitale all’estero, garantendosi un rendimento elevato. Con il costo del denaro fissato allo 0.25% questo non è più possibile e la situazione potrebbe aggravarsi ulteriormente con un nuovo aumento entro la fine dell’anno. Il problema che colpisce la maggior parte degli investitori è che la maggior parte di loro non ha coperto le proprie posizioni. Di conseguenza, nel panico generale, molti operatori hanno iniziato a liquidare in massa le loro posizioni ribassiste sullo yen. Ma questo non è tutto: la situazione potrebbe degenerare qualora le Banche Centrali non decidessero di affrontare il problema per tempo.
Ci aspettiamo che il fiorino ungherese si stabilizzi nel medio termine. Attenzione però, perché lo slancio economico sta rallentando in Ungheria. Ciò è visibile sia nei dati di produzione che nelle vendite al dettaglio. Ciò mette a repentaglio la possibilità di un balzo del PIL nel secondo o terzo trimestre e potrebbe avere un impatto leggermente negativo sul fiorino ungherese.
Nel medio termine continuiamo ad avere una posizione rialzista sull’USD. Il rallentamento economico in corso – anche se non dovrebbe essere esagerato – combinato con il crescente rischio geopolitico in Medio Oriente sono due fattori principali che spingono gli investitori a cercare un rifugio sicuro in asset privi di rischio, come il dollaro statunitense. Non sorprende, tuttavia, che nessuna valuta possa detronizzare il franco svizzero in questi tempi difficili. Ciò spiega il guadagno di quasi il 5,7% del CHF rispetto all'HUF a luglio, una tendenza che potrebbe continuare per gran parte di agosto.
DATA | VALUTA | EVENTO |
06/08 | AUD |
Riunione della Banca Centrale |
13/08 | USD | Prezzi alla produzione degli Stati Uniti |
14/08 | GBP |
Prezzi al consumo del Regno Unito |
14/08 | USD |
Prezzi al consumo degli Stati Uniti |
22/08 | EUR |
Indicatori PMI di settore per l’Eurozona |
26/08 | EUR | Indice IFO Business Climate per la Germania |